Ho la vaga sensazione che trascorrere ore ed ore al computer, al tablet o al cellulare per Facebook, Twitter, Blog personali o altri social network sia dettato da quel bisogno inconscio di amore, di attenzione, di partecipazione; di quel legame primordiale, biologico, che ci lega ad un altro essere.
Quel cordone ombelicale, con il resto del mondo, che non vorremmo mai tagliare, quando invece la vita frenetica e la stanchezza ci tolgono il tempo e la giusta propensione verso gli altri, senza poter vivere, di conseguenza, i momenti della giornata in modo totale sotto l’aspetto emotivo, o comunque non abbastanza o nel modo desiderato.
Gli esseri umani, non possiamo negarlo, sono molto, ma molto vari. Ci sono i saccenti, i facoltosi, i frustrati, i depressi, i timidi, gli ambigui, i solitari, gli emarginati, gli sfigati, i complessati, i perseguitati, i delusi, e così via... e relazionare con altri, oltretutto, non è sempre facile.
Ed ecco, invece, che attraverso Facebook, Twitter, Blogger o altri servizi di rete si può entrare in scena, restando se stessi o creandosi un personaggio, ed avere amici, follower e lettori senza fine.
Si può creare un’altra identità, si può barare, si può giocare appropriandosi di una natura non propria (indole, sentimenti, cultura, aspetto fisico…); si può entrare nella vita privata degli altri, nelle vicende più o meno personali: cosa si fa, cosa si pensa, dove si va, dove si è stati... foto, immagini, pensieri, dediche …
Privacy ? Ma chi se ne fotte ! Si è tutti sulla stessa barca! Io so di te, tu sai di me.
Un “grande fratello” potremmo dire. Apro la mia vita privata a te... e fa il giro del mondo.
Ci si diverte così. È un gioco, una passione che prende e che intriga.
In un certo senso una sorta di rivincita verso tutti e tutto. Finalmente si può condurre il gioco come si vuole, dietro un monitor o uno smartphone si fa, si dice e si mostra ciò che si vuole. Direi che in qualche modo cresce l’autostima perché ci si sente importanti. La possibilità di apparire e di mostrare la parte migliore di sé inorgoglisce non poco.
E dietro questo gioco sottile, che attira come una calamita, vitale come l’ossigeno, c’è un immenso bisogno dell’altro, c’è la necessità di confermare che
“SI È ”, una sorta di club di “auto-aiuto”.
Non si è il solitario, non si è l’emarginato o lo sfigato… “SI È ”, e se ne ha la riprova ogni momento che si desidera.
Si fa parte di un sistema che annulla ogni distanza, avvicina tutti come una grande famiglia, seppure in modo virtuale.
Condividere, partecipare, sorridere, imprecare, offendere, obiettare, consolare, sostenere..., secondo le circostanze e gli eventi, uno scambio a due, tre, migliaia... vicini, lontani, oltreoceano...
Così che quel cordone ombelicale che sembrava ormai dissolto, creando quella sorta di profondo abbandono in questo mondo, dove tutto è in corsa e dove ognuno sembra pensare solo a se stesso, “SI È ”, si fa parte del microcosmo, che a sua volta si amplifica e cresce, lega, e si allarga sempre più.
Giusto o sbagliato il modo di approcciarsi o di relazionare, questi sono i nostri tempi. Ogni generazione, nel bene e nel male, volente o nolente, vive il tempo che è.
Gli indiani mandavano messaggi di fumo, gli indigeni segnali con i tamburi…
In tutto questo, l’essenziale è che ogni cosa sia sotto controllo, e che il meccanismo non prenda il sopravvento e prevarichi i presupposti sanciti all’origine del sistema, perché in questo caso la faccenda potrebbe nuocere a qualcuno.
E tutto, con un solo clic, in una frazione di secondo!