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5 giugno 2025

Non c’è nulla di sorprendente

"Non c’è nulla di sorprendente. È tutto perfettamente coerente con il mondo che abbiamo costruito. Queste tragedie sono la conseguenza diretta di ciò che siamo diventati. Abbiamo trasformato i bambini in piccoli adulti senza mezzi per esserlo. Li lasciamo soli con smartphone e social, e ci stupiamo se scambiano l’amore per possesso, la gelosia per sentimento, la violenza per un atto d’amore estremo. Da Milano a Napoli, da famiglie benestanti a contesti più fragili, il comune denominatore è l’assenza di un’educazione emotiva e relazionale. Crescono ragazzi incapaci di tollerare la frustrazione, impreparati alla fatica del vivere insieme, alla complessità dei sentimenti."

"Lo smartphone è diventato un surrogato affettivo. I ragazzi crescono davanti a uno schermo, iperstimolati, disabituati al silenzio, al confronto reale, alla noia. Non parlano più. Comunicano a suon di emoji, di like, di stories. Ma non ascoltano, non comprendono, non sentono. La cultura del mi piace ha sostituito quella del mi importa. I ragazzi oggi cercano conferme, non relazioni. E quando qualcosa finisce, spesso non sanno gestire la perdita. 
Quando muore una ragazza, tutti si indignano. Si fanno fiaccolate, minuti di silenzio, post su Facebook. Ma poi? Niente. La politica resta a guardare. I programmi scolastici non cambiano, i fondi per l’educazione alle emozioni non arrivano, le famiglie non vengono sostenute."

"Non è solo una questione di leggi più severe, ma di cultura. Non basta punire chi uccide. Bisogna prevenire chi pensa che l’amore giustifichi il possesso. E questo lo si fa a scuola, in famiglia, nei media. Serve una rivoluzione culturale. Siamo diventati una società che si commuove ma non cambia. Abbiamo una memoria emotiva breve. Ci indigniamo per tre giorni, poi passiamo al prossimo caso. Il dolore collettivo si consuma velocemente, senza lasciare tracce concrete."

"Finché continueremo a stupirci, vorrà dire
che non abbiamo capito. Dobbiamo smettere di sorprenderci e cominciare ad agire. II tempo della retorica è finito. È ora di educare. E per educare bisogna prendersi responsabilità, rischiare impopolarità, scegliere la fatica invece della comodità."

Paolo Crepet

(da Facebook - TELEONE - Sicilia)